sabato 28 agosto 2010

Genti ca furria

giovedì 5 agosto 2010

Benvenuti nel carcere fantasma di Gela.


Quello giovane è in tuta, leggermente stempiato. Il più anziano è in divisa, con i gradi di maresciallo. Sono gentili e annoiati, sorridono e non parlano. “Dobbiamo essere autorizzati dal ministero”.  Si affacciano davanti la palazzina gialla perfettamente rifinita appena scorgono l’auto sconosciuta che entra tranquillamente dal cancello aperto nel cortile, schivando tubi elettrici, condotte fognanti e pezzi di lamiera in attesa di essere collocati. "Ce la fate a finire entro luglio?” domandiamo agli operai. “Sempre che non piove”, rispondono sorridendo. Fuori una Panda blu notte con le insegne della Polizia Penitenziaria parcheggiata accanto a tre auto degli operai al lavoro in un cantiere aperto in contrada Balate, ci ricorda che siamo in un’area di reclusione.
 Benvenuti nel carcere fantasma di Gela, dove il giovane ed il più anziano sono gli unici due agenti di custodia di una struttura vuota, perfettamente efficiente, eppure mai entrata in funzione. Sono i guardiani del tempo, più che dei detenuti, che qui non hanno mai messo piede. E quando il più giovane apprende che il carcere è stato progettato nel 1959, sorride ancora: “Non ero neanche nato”. Inaugurato due volte in 50 anni, consegnato ufficialmente lo scorso anno all’amministrazione penitenziaria, ma oggi non ancora pronto, il carcere di Gela è il simbolo paradossale delle opere pubbliche incompiute siciliane. E una spina nel fianco dei governi di centrosinistra e di centrodestra che sulla città hanno vomitato promesse mai mantenute, lasciando il Comune a gestire un appalto infinito che non si è ancora concluso. Nella città teatro della più sanguinosa guerra tra Cosa Nostra e la “stidda”, dei 150 incendi dolosi l’anno, delle estorsioni a tappeto, dove chi viene offeso da una parola ingiuriosa attende ancora sotto casa l’avversario per sparargli ai piedi, il carcere desolatamente vuoto diventa paradossalmente una “presenza rassicurante”, come dice un funzionario di polizia: “L’idea del carcere, per i gelesi, ancora oggi non è un’idea concreta”.
E così i detenuti, decine a settimana, vengono trasferiti nella struttura vicina di Caltagirone “che lavora solo con noi”, dicono le forze dell’ordine, con notevole dispendio di tempo, uomini, e mezzi, costringendo anche i magistrati a lunghe trasferte per gli interrogatori.
Lo progettarono nel 1959, come un carcere mandamentale, perchè a Gela esisteva solo la Pretura, il progetto fu approvato nel 1978 e i lavori iniziarono solo quattro anni dopo, nell’82. Ma otto morti in una notte, nel novembre del ’90, consigliarono il ministero della Giustizia ad istituire il Tribunale, dimenticando però un dettaglio burocratico: da casa mandamentale, il carcere avrebbe dovuto essere adeguato agli standard di casa circondariale. E così lo Stato contro i delinquenti gelesi si mosse a due velocità: pensò alla pena, con il Tribunale, ma non alla sua applicazione. Fra progetti, autorizzazioni, ricerca di investimenti e nuovi appalti volarono gli anni: mentre Gela scalava le classifiche delle città a maggior rischio criminale, e il governo mandava plotoni di agenti e carabinieri per fronteggiare una criminalità mafiosa e comune sempre più agguerrita, ad occuparsi del completamento del carcere è rimasto il Comune, stretto dalle denunce contro i mafiosi e le infiltrazioni negli appalti pubblici.
Sono gli anni delle inchieste sul
calcestruzzo depotenziato, e il sospetto sfiora pure il penitenziario mai aperto: ma le indagini non accertarono nulla. Nel ’92 l’amministrazione di centro sinistra riuscì infine ad appaltare il terzo lotto, con cui furono costruite la palazzina degli uffici direzionali, della mensa e del personale penitenziario e la restante parte del muro di cinta, ancora oggi incompiuto. Costo, 5 milioni di euro. Un’iniezione di entusiasmo, dopo anni di paralisi, che convinse il ministro Mastella ad organizzare una finta inaugurazione: il 26 novembre del 2007 si presentò a Gela per ricevere da Crocetta le chiavi del carcere, trasferito formalmente al demanio; chiavi che il Guardasigilli continuò, purtroppo, a non usare. Mancavano, infatti, la cucina, la lavanderia e altri servizi, per un costo di ulteriori due milioni di euro. Nuovo appalto, nuovi lavori e nuova attesa: al Dap hanno impiegato mesi interi per stabilire l’esatta qualificazione di un carcere del tutto sconosciuto, eppure esistente da circa 25 anni. Sui ritardi biblici non è mai stata aperta alcuna inchiesta. “Se ci sono reati sono ormai prescritti – dicono in procura – e lo stesso codice non offre molti appigli”. Oggi la conclusione dei lavori è prevista nel luglio prossimo: il carcere ospiterà 96 detenuti in 48 celle con bagno, avrà 80 agenti di custodia e altri educatori e personale amministrativo. Una piuma nel programma di interventi del ministero della Giustizia, che ha bisogno di 20 mila posti letto. “Gela – ha detto uno dei fedelissimi del guardasigilli, il deputato Alessandro Pagano – è la prima delle risposte volute dal ministro Alfano, che vanno in tale direzione”. Sempre, come dicono gli operai, che non piova. 
Il Fatto Quotidiano

lunedì 2 agosto 2010

Il Castello degli Errori

Mettiamoci una bella croce sopra … e beviamo alla salute!



Tutto deve essere in armonia.
Siamo siciliani tutto deve avere un sapore, un aroma, un piacevole e fresco gusto agrumato, un colore che assomigli alla nostra terra. Siamo siciliani non possiamo scindere queste cose dalla nostra personalità.
Ma in alcuni casi forse chiediamo troppo. No, non chiediamo troppo, non chiediamo o non protestiamo affatto.
Un bel respiro profondo prima di varcare la soglia di casa, tappare orecchie naso e bocca ed uscire. Ritornare a fine serata cianotico.
Un discorso troppo generico, ma non posso far a meno di iniziare così. Tralasciando altri argomenti trattati e discussi fino alla nausea come la troppa spazzatura che incombe su Gela, è da un po’ di tempo che rifletto e osservo, osservo e rifletto e oggi come una bomba senza preavviso esplodo.
Giugno Luglio Agosto novantadue giorni ancora non conclusi.
Cocktail più richiesti: red bull e vodka, rum e coca, gin frizz, margarita, long Island, mojito, negroni, caipiroska, al banco € 3,50 - € 4,00.
Cosa vuol dire?
Ogni sera ci troviamo a chiacchierare con gli amici, nei soliti luoghi di incontro… Scusate troppo retrò come linguaggio, mi correggo: dove la movida gelese passa il preserata a Macchitella e in Piazza, succede sempre che a un certo punto uno dice “beviamo qualcosa?” così si muove la comitiva verso il locale. Bere un cocktail con gli amici ha un prezzo: trecentosessantotto euro in novantadue giorni considerandone uno a sera.
Un buon cocktail è il perfetto equilibrio fra ingredienti differenti fra loro, la base è quasi sempre un distillato (whisky, rum, gin, cognac, …) a cui si aggiungono elementi che conferiscono alla bevanda gusto e profumo
(succhi, sciroppi, limone o arancia a fette, sale, zucchero di canna, menta, e tanto altro) e il ghiaccio , che contribuisce ad amalgamare e allungare leggermente la miscela.
I barman dei locali, presenti nei maggiori punti di incontro della movida gelese, a mio modesto parere, dovrebbero cambiare tutti mestiere.
Iniziando dal caffè che puzza di piscio di gatto per finire ai cocktail che come si dice da noi “parinu acqua lorda”. Potrebbe andare benino se il tutto fosse presentato dignitosamente. I nostri cari e abili barman, selezionati sempre dal titolare con cura, ci servono una miscela incolore e scialba in un bicchiere di plastica standard, simile a quelli che usiamo alcune volte  nelle nostre case quando non arriva l’acqua e non possiamo fare sprechi, e non è finita: aggiungono ben quattro cubetti di ghiaccio. Il tutto a soli € 4,00. Scarsa competenza e menefreghismo, però sono campioni nell’incassare. Vergogna, vergognatevi.  Ormai numerose aziende producono bicchieri di plastica infrangibili, tipo policarbonato, trasparenti come il vetro ma a differenza di quest'ultimo, che è vietato da ordinanze specifiche, non si rompono. Questi bicchieri non hanno nulla a che vedere con i bicchieri mono uso che, pur essendo comodi, hanno lo svantaggio di essere una spesa continuativa, non sono eco-compatibili in quanto l'uso eccessivo aumenta la quantità di plastica da smaltire. Esiste una  vasta gamma di modelli di bicchieri per servire i cocktails e non hanno nemmeno prezzi eccessivi per coloro che hanno un bar o un pub. Ma questo è chiedere troppo. Non c’è qualità non c’è quantità c’è solo spreco di denaro, il nostro denaro. Ma mettiamoci una bella croce sopra … e beviamo alla salute dei titolari! Perché non comprare nessuna bevanda una sera tutti insieme come protesta è solo una mia utopia! Che vergogna.
I MISTERI DI GELA